Né sempre né mai by Giorgio Scerbanenco

Né sempre né mai by Giorgio Scerbanenco

autore:Giorgio Scerbanenco [Scerbanenco, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-01-14T23:00:00+00:00


7.

Di una cosa solamente il brigadiere Stilo era sicuro, se la sentiva sulla pelle: l’uomo, o la donna, che aveva ucciso Paolo Ferri, era ancora lì, nella zona, tra Latisana e Lignano, a Lignano stessa, o andava e tornava, impudentemente. Ne era certo. Guardò la finestra, incorniciata di sole, scossa dalle ultime raffiche di bora, ormai era il terzo giorno, il vento non poteva durare di più, e continuò a guardarla, pensando, finché non rientrò Impermeabile Bianco.

“Sta’ calmo,” gli disse, parlava del capitano Rhastway, “ha chiesto solo del tè e gliel’ho fatto portare.”

“Bravo,” disse il brigadiere.

Stettero in silenzio quasi un minuto, poi l’uomo disse: “Ha telefonato Gioachino.” Era Impermeabile Blu. “Da Lignano.”

“E allora?” disse il brigadiere.

“Dice che è riuscito a sapere che giovedì scorso, quando è stato ucciso quell’uomo, è stata vista a Lignano Pineta l’automobile dei figli del notaio Celin.” Impermeabile Bianco, parlando, si mise a sedere nel suo angolo e stette immobile.

“Chi c’era sull’automobile?” chiese il brigadiere Stilo. “Riccardo Celin o la sorella?”

L’uomo, dal suo angolo, senza guardarlo, disse: “Non lo so. Hanno visto solo la macchina.” Si volse finalmente verso di lui. “Era vuota, era ferma in via dei Fiori, molto vicino alla villa del morto.”

Il brigadiere disse: “A che ora hanno visto la macchina?”

La voce dall’angolo rispose: “Verso mezzogiorno. Adesso torna Gioachino e scrive il rapporto.”

Rimasero in silenzio, tutti e due, pensando forse la stessa cosa: che sarebbe stato un rapporto molto interessante.

L’indomani il vento cessò, la pineta e la boscaglia smisero di contorcersi, la sabbia si depose sulla spiaggia, sugli stradoni. Aprendo la finestra, Marta vide tutto calmo, il piccolo mare di alberi sotto di lei, e il mare più lontano, limpido, di un celeste chiaro da lago. Era tardi, ma in quei tre giorni di vento in cui avevano dovuto restare chiusi in albergo, si era abituata a rimanere a letto finché Rik o Rossella non venivano a chiamarla.

Ma non si era abbandonata a quella pigrizia solo per il vento, solo perché erano come prigionieri del vento in quell’albergo. Preferiva non vedere Rossella, o vederla il meno possibile, era sempre accaldata dall’alcol fin dal mattino, e né lei, né Rik facevano il minimo tentativo di farla bere di meno, sarebbe stato inutile, e anzi avrebbe prodotto l’effetto contrario.

E non solo questo, ma erano anche i pensieri: qualcosa che ogni tanto intravedeva nello sguardo di Rossella le faceva paura, o certi suoi gesti la spaventavano, come quel modo di tenere il coltello, a tavola, in qualche momento, come se fosse un’arma. Non voleva pensare, ma non si può fermare il pensiero, la frase di Rossella era inchiodata nella sua mente “io so chi ha ucciso Paolo”, anche perché sapeva che Rossella non poteva averla detta così, per malvagia fantasia, o in uno scatto di rabbia. Lei doveva saperlo, o credere di saperlo, o c’era un’altra possibilità. Ma questo era impossibile, assolutamente impossibile.

Sedette sul letto inondato dal sole, davanti alla finestra aperta, infreddolita dall’aria vivida, già fredda come d’inverno, anche se così luminosa. Impossibile, perché? Rossella



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